L’intervento del Presidente dell'Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani Pierluigi Marini nel corso della tre giorni di ascolto promossa dal Ministro della Salute Giulia Grillo per il nuovo “Patto della Salute”.
Gentile signor Ministro,
grazie per questa fondamentale opportunità concessa alle Società Scientifiche, sono qui oggi a rappresentare le preoccupazioni crescenti che rischiano di minare il mondo della Chirurgia Italiana.
Lei conosce i nodi della sanità e voglio ringraziarla per l'attenzione che ha posto sul tema specializzandi e sul nostro progetto degli Ospedale-Scuola. Il tema centrale e' la formazione e non c'é dubbio che se alle buone intenzioni non seguiranno i fatti i chirurghi italiani valuteranno l'uscita dalle reti formative nazionali.
La Chirurgia Italiana, e lo diciamo purtroppo da anni, vive un momento difficile, a causa di problemi ben noti: riduzione di posti-letto, carenza di personale, blocco del turn-over, insufficienza di nuove e moderne strutture ospedaliere, fuga dalle specializzazioni chirurgiche. E potremmo continuare con altri elementi che mettono a rischio la sostenibilità del sistema, ma gli annunci e le buone intenzioni non bastano, almeno non più.
Il numero dei chirurghi si sta sempre più velocemente assottigliando, da un lato perché l'Italia detiene il triste record europeo della maggiore età media (su 6500 chirurghi il 55% ha una età compresa tra i 50 ed i 59 anni), e dall’altro perché la specialità risulta sempre meno attrattiva.
Blocco del turn-over, riforma Fornero e il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi previsto dalla cosiddetta Quota 100, causeranno una vera e propria emorragia di professionisti difficilmente arrestabile, cui non sarà possibile porre rimedio per la mancanza di adeguata sostituzione. La carenza di vocazioni verso le branche chirurgiche, con contratti di formazione assegnati solo all'ottavo scaglione 2018, evidenziano sempre di più le difficoltà di specialità chirurgiche che al primo scaglione erano state assegnate in percentuali tra il 15% ed il 30% (chirurgia toracica il 15,1%, chirurgia generale il 31%, chirurgia vascolare il 34,4%).
Dobbiamo allora chiederci perché la chirurgia ha smesso di attrarre medici che in passato aspettavano anche due o tre anni per accedere a queste specialità.
Le motivazioni sono molteplici e noi da anni ci battiamo per contrastarle.
Sicuramente, come da Lei sottolineato esiste un problema sulla Formazione.
I percorsi formativi in Italia sono giudicati incongrui da più del 70% degli specializzandi e non più adeguati ai tempi: troppa teoria e poca pratica con l’85% di essi che al termine del percorso formativo non si sente in grado di affrontare un intervento senza Tutor.
Se a questo si aggiunge la successiva difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro la scelta dell’estero diventa l’unica alternativa valida per formarsi ed esercitare la loro professione con una retribuzione addirittura migliore.
Il danno per il nostro Paese, economico (ogni laureato costa tra i 150 ed i 200.000 € mentre uno specialista in chirurgia 350000 €) e professionale per tutti i cittadini è già da tempo eccessivo, ma nell’attesa che qualcosa cambi Svizzera, Francia e Germania ringraziano i colleghi che vi si sono trasferiti, senza più desiderio di tornare indietro.
La crescita esponenziale del contenzioso medico legale con 35600 nuove azioni legali che “partono” ogni anno, mentre altre 300.000 giacciono nei tribunali, rappresentano un macigno sospeso sulla testa di ogni chirurgo che non consente più quella serenità d’animo indispensabile per affrontare un intervento chirurgico.
Serenità minata anche da campagne pubblicitarie indegne che speculano sulla credulità popolare per permettere ad alcune categorie di arricchirsi indebitamente a scapito del Servizio Sanitario stesso. Poco importa poi se il 95% delle cause penali ed il 70% dei procedimenti civili si conclude con un proscioglimento, oramai l’aggressività del virus del contenzioso medico legale ha contagiato la sanità generando quasi 12 miliardi l’anno di esami prescritti per la medicina difensiva.
Abbiamo tanto sperato con l’approvazione della Legge Gelli, cui avevamo anche fornito alcuni spunti nella stesura, di poterlo ridurre, ma il precedente Parlamento non ha concluso l’iter dei decreti attuativi, fermandosi, guardacaso, a quelli riguardanti le assicurazioni, che ancora oggi giacciono inevasi.
E’ auspicabile quindi un intervento deciso per cercare di ripristinare il corretto rapporto chirurgo cittadino e restituire serenità ad entrambi, non riuscendo a comprendere perché se l’Italia ha uno dei migliori Sistemi Sanitari al mondo il 75% degli Italiani ha paura di incorrere in un errore sanitario.
Per invertire questo trend è necessario ripartire dai giovani e dalla formazione, adeguando il percorso formativo alle nuove esigenze, dando la possibilità agli specializzandi, specie nell’ultimo biennio, di completare il proprio iter negli ospedali-scuola.
Il Servizio Sanitario Nazionale ha a disposizione un patrimonio di professionalità, di passione, di energie che andrebbero indirizzate e incanalate ed invece assiste inerme ad una continua fuga di cervelli. Si deve cambiare.
La proposta da me effettuata degli Ospedali Scuola nel nostro ultimo Congresso nazionale di Matera, con distretti formativi dedicati ed integrati, con grandi volumi dedicati alla didattica, come avviene nel resto d’Europa, ha riscosso un grande successo, così come pure la proposta di variazione dello stato giuridico degli specializzandi agli ultimi anni per garantire una maggiore autonomia nel percorso formativo ed agevolare il loro ingresso in sala operatoria. Sicuramente, una volta raggiunto un accordo con il mondo universitario, sarà mia cura presentarla nei dettagli al Signor Ministro ed alle Istituzioni preposte.
Solo un anno fa l’allora Capogruppo M5S alla Camera On. Giulia Grillo, in una intervista rilasciata alla nostra Rivista ACOI News sosteneva :
“Di fatto la sanità è oggi divisa in due categorie: una di serie A, nella quale vengono garantiti servizi di qualità a chi può permetterseli o a chi ha la fortuna di vivere nelle regioni più ricche, e una di serie B per tutti gli altri, fra i quali i 12 milioni di italiani che rinunciano alle cure.”
Avere chirurghi sereni ed adeguatamente formati per fornire una sanità il più possibile omogenea a tutti i cittadini è uno degli obiettivi che mi sono prefisso all’atto della mia nomina a Presidente ACOI, per abbattere l’esistente diversificazione assistenziale regionale che alimenta un turismo sanitario di massa non più accettabile ai nostri giorni.
Con il progresso della tecnologia, la professione del chirurgo è molto cambiata, per questo, seguendo l’esempio del piano governativo effettuato in United Kingdom, ACOI ha iniziato a formare alla tecnica laparoscopica, chirurghi di strutture decentrate con alti volumi di neoplasie del colon, ma basse percentuali di chirurgia laparoscopica, tecnica oramai riconosciuta come gold standard per questa patologia nel mondo, ma in Italia ancora ferma ad una media inferiore al 30%.
Dopo soli sei mesi di attività, negli ospedali dei 18 discenti, sono particolarmente fiero di affermare che sono stati registrati incrementi di flusso in alcuni casi del 42% ed un aumento della tecnica laparoscopica in media del 3%.
Indispensabile per poter portare avanti questo progetto ed innalzare il livello delle risposte sanitarie per il cittadino è il supporto tecnologico che deve riguardare le sale operatorie ed i reparti di ogni ospedale ma occorre una attenta valutazione congiunta su come rendere questo processo sostenibile.
Auspichiamo quindi che tale iniziativa incontri il Suo consenso per un prossimo supporto, per una formazione sempre più omogenea dei professionisti in servizio affinchè la regione di residenza non rappresenti più una discriminante al trattamento sanitario con pazienti di serie A e di serie minori.
La chirurgia italiana è stata sempre riferimento nel mondo, ma per continuare a svolgere il ruolo che le compete in Italia e all’estero necessita di sostenibilità ed è per questo che chiediamo a Lei signor Ministro ed al Governo che rappresenta di esserci vicino e di supportarci nelle nostre iniziative.
ACOI, come Società Scientifica ha il dovere di dare il suo contributo alla diffusione della cultura scientifica e, come sempre, lo farà, ma in assenza di provvedimenti l’Italia rischierà di rimanere senza chirurghi e saremo costretti ad ‘importarli’ dall’estero, sempre ammesso che qualcuno decida di venire.