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SANITA’, SCATIZZI: FERMARE PAYBACK DISPOSITIVI MEDICI, OLTRE LE IMPRESE CI RIMETTERANNO I PAZIENTI

“Il payback sui dispositivi medici mette in ginocchio migliaia di aziende italiane ma soprattutto sarà un rischio ulteriore per i malati: abbiamo bisogno dei migliori strumenti per dare la più efficace prestazione possibile ai nostri pazienti. Ma cosa accadrà se nei nostri ospedali arriveranno dispositivi di serie B?”

Lo ha detto Marco Scatizzi, presidente dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani - ACOI durante ‘ACOI STUDIO’, l’approfondimento scientifico pubblicato sui canali social della principale Società Scientifica italiana.

Durante il format è intervenuta anche Fernanda Gellona, Direttore Generale Confindustria Dispositivi Medici “Il meccanismo del payback è una follia: le regioni hanno un tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici. Se la regione supera il tetto, quella cifra che eccede deve essere rimborsata al 50%, in modo retroattivo dopo due o tre anni, dalle stesse imprese fornitrici che hanno vinto una regolare gara, che hanno già pagato le tesse, che hanno depositato bilanci. In queste settimane le regioni stanno chiedendo alle imprese oltre 2 miliardi di euro, cioè il 25% del fatturato complessivo. Questo significa che il 90% delle 4500 piccole e medie imprese italiane sono a rischio fallimento. Per questo abbiamo chiesto ai ministri Schillaci e Giorgetti un tavolo di confronto urgente: siamo un settore strategico per la sanità che necessità una governance forte. Non possiamo permetterci di far chiudere piccole e medie imprese presenti in Italia e perdere migliaia di posti di lavoro”.

Per Scatizzi, la scelta di ACOI nel voler mettere l’accento su questa vicenda è necessaria: “ci troviamo di fronte ad un rischio desertificazione delle piccole e medie aziende che ci consentono di erogare servizi fondamentali per una sanità sicura. O peggio, con i 21 servizi sanitari regionali presenti nel nostro Paese, e le evidenti ripercussioni legate al payback sui dispositivi medici, assisteremmo ancora una volta all’acuirsi delle differenze sulla qualità dei servizi. Per questo sono convinto che il governo debba fare marcia indietro: questi svantaggi non cadranno solo sulle spalle delle aziende, ma anche sulle spalle di noi chirurghi, e quindi sulle spalle dei nostri pazienti. Non ce lo possiamo permettere”.