Il caso del medico condannato per aver effettuato una trasfusione contro la volontà della paziente, con l'intento di curarla per salvarle la vita, pone delle questioni etiche, morali, culturali da affrontare e, soprattutto sul piano giuridico, risolvere. Anche se riteniamo opportuno astenerci dal commentare nello specifico la sentenza del Tribunale di Termini Imerese, riteniamo doveroso esprimere la nostra solidarietà al collega condannato per aver svolto, secondo scienza e coscienza, il proprio lavoro. E poniamo una domanda: se il decorso della paziente, in caso di assenza di trasfusione o di sostituti, avesse avuto un epilogo diverso, quale sarebbe oggi l'oggetto della discussione? E' un problema che va risolto in modo chiaro dal punto di vista giuridico e clinico a tutela dei pazienti, dei medici, delle liberta' individuali e terapeutiche, ma anche dell'etica, della qualita' e della sicurezza delle cure”. Lo afferma il presidente dell’Acoi, Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani, Pierluigi Marini, dopo la sentenza del tribunale di Termini Imerese che ha condannato un medico per aver praticato una trasfusione di sangue su una paziente non consenziente.