Notizie

Il rapporto causale tra la condotta censurabile del medico e l'evento avverso

Com'è noto nel rimprovero per responsabilità medica è necessario che oltre alla negligenza, imprudenza, imperizia sussista un rapporto di causalità che leghi detta condotta colposa all'evento avverso. L'art. 41 cp afferma che: "Il concorso di cause pre-esistenti o simultanee o sopravvenute anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole non esclude il rapporto di causalità tra l'azione o l'omissione e l'evento." Ecco perchè molte volte si riscontra nei processi oltre alla censura di omessa diagnosi e/o ritardo nell'intervento, quale ipotesi ascritta ad uno o più chirurghi anche l'imputazione (in cooperazione colposa) a carico dei medici che sono intervenuti successivamente se si è verificato un incorretto intervento o un intervento riparatore o salvavita per il paziente.
L'art. 41 c. 2 cp prevede che il nesso causale tra la condotta dell'agente e l'evento possa essere interrotto. Il dettato normativo afferma: "Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento". Notiamo che si tratta delle sole cause sopravvenute, con esclusione di quelle contemporanee o pre-esistenti.
Le cause prese in considerazione per l'effetto interruttivo del nesso causale devono essere poi autonome ossia in grado da sole di determinare l'evento indipendentemente dall'azione del soggetto. La giurisprudenza ha chiarito molte volte che va intesa come causa sopravvenuta quella da sola sufficiente a determinare l'evento seppur si inserisce nella serie causale dove figura anche la condotta dell'imputato, ma agisce per esclusiva forza propria nella determinazione dell'evento, in modo che la condotta dell'imputato costituisce un antecedente necessario ma rispetto all'evento assume il ruolo non di fattore causale ma di semplice occasione (Cass. pen. sez. n. 6918/2016). Quindi si è in presenza di un decorso causale autonomo quando vi sono cause sopravvenute, da sole sufficienti a determinare l'evento e del tutto indipendenti dalla condotta dell'imputato anche se astrattamente si possono avere in sinergia.
In altri termini il magistrato dovrà ipotizzare in astratto l'esclusione di una delle due cause effettuando la verifica controfattuale e giungere alla conclusione che l'evento non si sarebbe verificato ritenendo necessariamente che i fatti sopraggiunti (sia naturali che condotte umane) siano del tutto indipendenti dalla condotta del soggetto agente per quanto attiene alla loro efficacia causale. Si tratta dunque di fattori completamente atipici, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale che non si verificano se non in casi del tutto imprevedibili. Di conseguenza in relazione all'interruzione del nesso di causalità, riguardo alla possibilità di riconoscere efficacia interruttiva all'errore di un chirurgo nel prestare le cure al paziente, vittima di una pre-esistente condotta errata del collega, si possono verificare due ipotesi: quella dovuta ad un errore per omissione nel prestare le cure o per esempio nel porre una corretta diagnosi e quella dell'errore cagionato da una condotta attiva, per esempio un intervento eseguito in maniera imperita per riparare alla tardività della diagnosi o alla tardività esecutiva dell'intervento.
I giudici si orientano spesso nel senso di negare efficacia interruttiva del nesso causale nelle ipotesi in cui ci sia stata un'omissione ma la condotta dei medici successiva non possa ritenersi causa autonoma e indipendente rispetto al comportamento dell'agente che ha provocato il fatto lesivo e ha reso necessario l'intervento dei chirurghi che si sono succeduti. Da un lato si può notare una condotta per es. negligente, o imprudente o imperita per aver ritardato un'operazione o per aver omesso una diagnosi e poi un errore da imperizia nell'esecuzione del reintervento o dell'intervento non eseguito dalla precedente equipe.
Occorre senz'altro analizzare di volta in volta la fattispecie concreta per verificare la tipologia dell'errore medico, la gravità e poi la cooperazione colposa degli altri colleghi. La Cassazione è molto attestata nel negare efficacia interruttiva all'errore medico a fronte del possibile nesso di condizionamento tra la precedente condotta colposa dei colleghi e l'evento in concreto verificatosi. Per esempio in molti processi la condotta omissiva del medico (tardività di diagnosi o mancato intervento) non elide il nesso causale tra le condotte dell'agente e l'evento morte quando poi per imperizia i sanitari che si sono succeduti abbiano errato nell'esecuzione tecnica dell'intervento.
La casistica giudiziaria evidenzia come sia più frequentemente escluso il nesso di causalità in situazioni di colpa commissiva che non nel caso di omissioni di terapie che dovevano essere applicate per impedire le complicanze. L'errore del medico non può prescindere dall'evento che ha fatto sorgere la necessità della prestazione sanitaria successiva, per cui la catena causale resta integra e non interrotta (Cass. pen. sez. I n. 36724/2015 e seg).
Resta il principio e l'applicazione secondo cui l'efficacia interruttiva è da ascrivere soltanto in caso di serie causale totalmente autonoma, che si ricollega al fattore sopravvenuto imprevedibile ed inevitabile. Quando si è in presenza di un fattore eccezionale e sopravvenuto ed in presenza di prestazioni di più sanitari, la precedente condotta altrui censurabile può assumere un'autonomia nella causazione dell'evento ed ergersi a causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l'evento, quando per esempio l'incolpevole intervento riparatore non ha potuto più avere esito positivo per le condizioni ormai compromesse del paziente. Viceversa il nesso di causalità tra condotta omissiva o commissiva del titolare di una posizione di garanzia verso il paziente non viene meno per effetto di un successivo mancato intervento da parte di un altro sanitario, altrettanto destinatario dell'obbligo d'impedire l'evento e quindi portatore della posizione di garanzia. Si configura in queste ipotesi un concorso di cause proprie ai sensi dell'art. 41 c. 1 cp.