Abbiamo apprezzato sinceramente l’impegno del governo per la sanità con lo stanziamento di 5.6 miliardi nella legge di bilancio. E’ un segnale positivo che risponde ad alcune delle preoccupazioni di tutti gli operatori del Servizio Sanitario Nazionale e dei pazienti. Siamo chirurghi ospedalieri, siamo abituati, per formazione e professione ad essere concreti. Ma non possiamo non sottolineare come le condizioni generali del sistema salute in questo Paese siano ancora troppo precarie: contenziosi medico legali, crisi vocazionali, nessun turn over, orari di lavoro massacranti e ancora ingiusto riconoscimento economico stanno creando disaffezione nei giovani che si affacciano al percorso formativo e alle specializzazioni. Un esempio? Se è vero, come a noi risulta, che il 56% delle borse di studio per la specializzazione in chirurgia generale non è stato assegnato, significa che tra qualche anno le sale operatorie chiuderanno per assenza di chirurghi che operano. Possiamo chiedere alla politica, alle istituzioni, al governo di occuparsi di ciò che accadrà tra cinque o dieci anni? O dobbiamo vivere sempre nell’emergenza?
E’ quanto dichiara in una nota il Presidente dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani - ACOI Marco Scatizzi.
“Il nostro non è un allarme ingiustificato: parlano i numeri, parlano le liste d’attesa, parlano i sondaggi fatti tra colleghi dove il 41% vorrebbe abbandonare questa professione perché c’è troppa burocrazia e fortissimo rischio di contenziosi. Abbiamo presentato al Ministro Nordio, al Ministro Schillaci, al Presidente della Commissione Affari Sociali del Senato Zaffini, al vicepresidente della commissione Affari Sociali della Camera Ciocchetti tutte le nostre proposte, le nostre idee per migliorare la sanità pubblica e farla tornare ad essere attrattiva verso i nostri giovani. E siamo pronti, come abbiamo sempre fatto, a proporlo anche alle opposizioni: Schlein, Conte, Calenda, Renzi noi siamo stati, e lo saremo sempre, a disposizione perché vogliamo essere da supporto per le istituzioni.
Ma se è vero - continua Scatizzi - che il 56% dei nostri ragazzi non sceglie più questa professione non servono ne trionfalismi, ne catastrofismi, ne tantomeno serve assistere ad una eterna partita di calcio che va oltre i tempi supplementari. Servirebbe solo che qualcuno indicasse il destino del Servizio Sanitario Nazionale e dei sui operatori nei prossimi 5, 10, 20 anni. Il destino del servizio che salva vite umane negli scenari di guerra, come quelli che vediamo in questi giorni, e in quelli di pace, come durante la pandemia.
Oppure dobbiamo prepararci ai titoli di cosa per la Sanità pubblica? Qualcuno ce lo dica. E lo dica a quelle migliaia di ragazze e ragazzi che si stanno allontanando da questa magnifica professione.
Noi, a questo destino, non ci rassegniamo